I consigli di una business writer per raccontare le PMI al grande pubblico.

Anche quest’anno Registro .it, fondatore e promotore di Internet Festival, sarà presente dal 6 al 9 ottobre, presso il Cinema Lumiere, con un programma ricco di eventi.

L’appuntamento per le piccole e medie imprese è giovedì 6 durante l’evento “Rendere competitiva l’azienda grazie al digital marketing: strategie e strumenti”.

Insieme a quattro esperti digitali capiremo come identificare gli obiettivi per non disperdere tempo e risorse, come raccontarsi al meglio, come utilizzare Facebook in modo produttivo per vendere e come imparare a misurare per migliorare i risultati.

La parte legata allo storytelling nel web sarà affidata a Annamaria Anelli, business writer che aiuta le persone e le aziende a raccontarsi in modo semplice e soprattutto vero.

A lei la parola per conoscerla meglio!

Chi è Annamaria Anelli, e cosa fa esattamente una business writer?

Sono una freelance, mamma di due bambini, sposata con un programmatore e schiava di un gatto nero. Come business writer scrivo per i clienti testi per qualsiasi uso (sito, presentazioni, discorsi, one pager, brochure) e faccio molta formazione sulla scrittura efficace, che per me è sinonimo di semplicità. Sul mio sito c’è scritto che aiuto le persone a raccontarsi, in modo semplice e vero. Sì, aiuto singoli e organizzazioni che hanno bisogno di parlare di sé e dei propri progetti: io intervengo per migliorare, raddrizzare il tiro, mettere personalità oppure proprio per scrivere da capo una storia che prima non c’era. Qualsiasi cosa noi scriviamo parla di noi: ci raccontiamo anche in una email di lavoro, quindi dobbiamo stare molto attenti alle parole che mandiamo in giro.

Perché è importante curare la scrittura e i testi, anche di lavoro, e perché serve affidarsi a un professionista?

Perché noi dobbiamo ricordarci che al centro dei testi che scriviamo per lavoro ci devono stare le persone alle quali ci rivolgiamo: parliamo di testi che servono a spiegare, fornire informazioni, chiedere qualcosa, chiedere che qualcuno faccia qualcosa. Il trucco è mettersi nei panni dei nostri lettori e aiutarli a capire: usando frasi brevi, parole semplici e concrete, verbi in forma attiva. La mia battaglia personale è contro le frasi fatte e le formule stereotipate: via tutto e mettere al centro la relazione. Questo significa curare sia il contenuto sia la forma. È importante affidarsi a un professionista perché non ti accorgi dove sbagli fino a che qualcuno non te lo fa notare. Di solito leggo ad alta voce, enucleo i punti in cui la scrittura si incaglia o fa lo sgambetto a chi legge e poi, io per prima, propongo una riscrittura. La scrittura è un lavoro di stecca: bisogna scrivere e riscrivere, fino alla nausea.

Leggi anche l’intervista a Francesca Parviero

Come è cambiato il modo di raccontare storie con l’avvento del digitale e soprattutto dei social media?

Le storie sono sempre , sta a noi vederle. Con i social media è più facile farle circolare: spezzettiamo una narrazione tra sito, blog, pagina Facebook, cinguettii, foto su Instagram. Spezzettiamo il racconto di noi e della nostra attività, ma alla fine è quanto siamo bravi a mantenerlo corretto, coeso e coerente che ci premia. E ricordiamoci che se ciò che raccontiamo fa acqua fuori dalla rete, farà acqua anche dentro.

Oggi la tua scrittura è per la maggior parte destinata al digitale: il linguaggio è cambiato molto?

Oggi non regge più la scrittura autoreferenzialeburocratica, stupidamente complicata e lontana dalle persone. Non è che prima dei social media non ci desse fastidio leggere una comunicazione del nostro Comune scritta per compiacere il sadico burocrate di turno: è che oggi facciamo una foto, la mandiamo in giro e raccogliamo decine e decine di commenti, di altre foto, di link. È questo “sputtanamento sano” che aiuta, ad esempio, chi scrive di professione ad avere sempre in mente il lettore reale. Una cosa da ricordarci è che se è vero che la scrittura per il web in generale deve spezzettarsi, accorciarsi e rendersi interessante, è anche vero che su certi temi di approfondimento le formule long form funzionano: se trovo qualcosa che mi interessa e se è scritto bene, bon, mi butto nella lettura immersiva e non stacco più gli occhi finché non ho finito. Ma prima, chi scrive deve catturare la mia attenzione: con la chiarezza, la personalità, la creatività e, ad esempio, un buon tweet di presentazione. Un articolo – bello e lungo – sull’argomento lo ha scritto Il Post.

Scopri i consigli di Paola Sucato per aprire un food blog!

Cosa significa usare la tecnica dello storytelling e in quali casi può portare davvero valore aggiunto?

La narrazione delle storie porta valore aggiunto là dove c’è materia per far storie. Io dico sempre che non è necessario lo storytelling sempre e comunque: spesso una comunicazione chiara, pulita e “puntuta” fa benissimo il suo lavoro (dove puntuta per me è sinonimo di brillante, creativa, intelligente).

Ma allora quando serve raccontare la propria storia? Quando ci si mette un momento da parte, si smette di dire io io io, prodotto, prodotto, prodotto, e si trova il modo di coinvolgere le emozioni del nostro pubblico facendo riferimento a valori-punti di vista-idee-sogni condivisi.

A me adesso viene in mente questo spot della Subaru di qualche anno fa, ad esempio: è brevissimo, puntuto, fresco e pesca nei nostri valori, ma anche nelle nostre paure più forti: i figli che crescono appena ti distrai un attimo e che si mettono a guidare, la sicurezza per le strade, il tempo che scorre e tu che te ne stai lì fermo o ferma ad aspettare che ti faccia meno male.

Lo storytelling è sempre onesto oppure a volte corre il rischio di diventare artefatto e lontano dalla realtà?

Lo storytelling se è troppo lontano dalla realtà è sbagliato, perché noi non lo capiamo, non fa leva su qualcosa che desta le nostre emozioni. Altro discorso è quando lo storytelling fa strage delle nostre emozioni: come ad esempio lo spot di Procter&Gamble in occasione dei giochi olimpici di Londra del 2012 dove si parla delle mamme, della loro fatica quotidiana, dei sacrifici che fanno per portare i figli a diventare qualcuno nella vita. Dico strage di emozioni perché tutte le donne piangono, guardandolo, e non solo quelle che hanno figli (e non solo le donne). Perché fa riferimento agli archetipi della mamma (se non abbiamo figli comunque abbiamo avuto una mamma) e delle prove a cui sottoporsi per raggiungere l’oggetto dei propri desideri (la spinta a voler raggiungere un qualche obiettivo nella vita ce l’abbiamo tutti): cose e situazioni che conosciamo benissimo e che nessuno deve star lì a spiegarci. Quel tipo di narrazione picchia duro e sicuramente va in profondità: una bella analisi del perché quello spot faccia piangere l’ha fatta Giovanna Cosenza.

Anche Simone Sbarbati ci parla di contenuti: leggi l’intervista!

Come business writer che tipo di esigenze di formazione percepisci nelle imprese?

Le imprese hanno l’esigenza di scrivere meglio, prima di tutto. Semplificare e rendere fresca e distinguibile la propria comunicazione è il primo passo: altrimenti si finisce per scrivere tutti “leader del mercato”. E poi si dovrebbero abituare ad ascoltare le storie di chi in azienda ci lavora tutti i giorni: dovrebbero trovare le forme adatte per incentivare i racconti interni: sapete quanti soldi risparmierebbero fornendo alle agenzie di comunicazione casi veri, valori sentiti, dai quali partire? Soprattutto nel caso delle piccole imprese artigianali, ma non solo, i valori non li deve far calare dall’alto l’agenzia di comunicazione, è l’azienda che li deve trovare al proprio interno, ascoltando le persone e facendole partecipare anche, perché no, al processo creativo. Mi rendo conto che non è così facile, ma la soluzione non è sempre fuori: spesso, nelle piccole imprese, le risposte ci sono, e sono all’interno, però se nessuno fa le domande diventa difficile trovarle!

Fra le aziende e persone che sono riuscite a raccontarsi anche grazie al tuo aiuto, quali sono le storie più belle?

Un hotel ligure per cui ho scritto i testi del sito: piccola struttura familiare con un gran cuore che doveva assolutamente emergere; una struttura ricettiva in provincia di Verona che ha coniugato il meglio della tecnologia con una storia che risale al 1400: la sfida è stata scrivere in modo che le scelte, se volete azzardate, fossero iscritte in una storia di famiglia che dura da tanto (non vedo l’ora di vedere online il sito!); una guida turistica di Firenze che presto uscirà con un sito semplice, ma con un’intenzione molto chiara: mettere al centro la propria visione di una città che corre spesso il rischio di essere vissuta in maniera stereotipata. Insomma, belle storie!

Tags:
Content marketing